
La Festa di don Bosco è stata anche quest’anno una esplosione di gioia e fede che ha visto una grande partecipazione di popolo per le varie iniziative a partire dal 24 gennaio con la visita del postulatore, passando per le celebrazioni del 31 a Valdocco con i giovani e a Cuneo con il nostro Vescovo e la grande serata di spettacolo dei giovani del sabato sera in teatro con la presenza del superiore provinciale dei salesiani, don Leonardo Mancini.
Nella sua buonanotte sulla strenna l’Ispettore ha invitato tutti a
“sfondare il soffitto troppo basso della nostra società immanentistica, senza speranza perché senza vita spirituale, provando a ridare spazio sopra le nostre teste e a ricercare nuovamente il cielo”
Domenica 2 febbraio Mons. Guerrini ha celebrato la solenne Eucarestia ricordandoci che
“tutta la vita di don Bosco era sotto il segno della speranza! Salvare i giovanetti è stato il suo chiodo fisso, fin da ragazzo. Salvarli per lui significava aiutarli a capire che sono amati da Dio, che ogni ragazzo, ogni giovane ha la dignità di figlio di Dio”.
Al termine della celebrazione i giovani hanno portato in processione la statua di don Bosco in cortile e il Vescovo ha benedetto tutti con la reliquia del Santo.
Ultimo appuntamento sarà quello della serata di formazione e riflessione per genitori ed educatori venerdì 21 febbraio alle ore 21.00 con l’intervento di due professionisti, Silvia Spinelli e Vittorio Gonella: tra speranza e aspettative nei confronti dei giovani.
Omelia di Mons. Giuseppe Guerrini
Si intrecciano oggi due feste: la Presentazione di Gesù al tempio, quaranta giorni dopo la sua nascita e la Festa di don Bosco. La Presentazione è festa della presenza, colta da due anziani ed espressa con parole di gioia, entusiasmo: finalmente! Ho visto la salvezza, luce per tutte le genti, gloria del tuo popolo! Ed esprimiamo la gioia di questa presenza sottolineando il simbolismo della luce (popolarmente questa festa é proprio definita: la Candelora).
Don Bosco è uno che ha vissuto la sua vita alla luce di questa presenza, che non ha fatto altro che cercare di trasmettere questa luce che è il Signore Gesù, la sua persona, la sua parola, il suo Vangelo, l’amicizia con Lui, il dono del suo Spirito.
Siamo nell’anno santo, il Giubileo, che ci offre una particolare prospettiva di questa luce: la speranza. Pellegrini di speranza! Cerco di ricondurre la nostra riflessione sulla festa della Presentazione e di don Bosco a questa prospettiva della speranza. Cosa significa sperare? “Attesa fiduciosa di quanto si desidera” è la definizione che trovo su Google. Gli elementi sono tre: anzitutto desiderare, diciamolo con una parola amata da don Bosco: sognare. E poi attendere, tendere a, aspettare ma con fiducia, con la convinzione che quel desiderio, quel sogno si può realizzare.
Sono due anziani che sperano! Aspettavano una novità: il genere colleghiamo l’atteggiamento di attesa ai giovani. Non potrebbero esserlo anche meglio gli anziani, ricchi di esperienza ma anche di disincanto? Il disincanto può essere motivo non solo di sconforto, ma anche di rinnovata attesa, di attesa meglio centrata, più attenta, più realistica. Appunto di speranza. Essere anziani non significa necessariamente essere relegati al passato, vivere di ricordi e di rimpianti. Può anche comportare di avere una vista più acuta, più esercitata a cogliere quello che davvero conta ed anche a desiderare e cercare un futuro più vero, più bello. Anche gli anziani hanno un compito, una “vocazione” nella società e nella Chiesa. Essere segni di speranza.
Per don Bosco poi tutta la sua vita è sotto il segno della speranza! Salvare i giovanetti è stato il suo chiodo fisso, fin da ragazzo. Salvarli per lui significava aiutarli a capire che sono amati da Dio, che ogni ragazzo, ogni giovane ha la dignità di figlio di Dio.
Era prete da pochi mesi, stava ancora approfondendo gli studi presso il Convitto Ecclesiastico di Torino, quando uno dei responsabili del Convitto, don Giuseppe Cafasso, cappellano delle carceri lo invitò a visitare le carceri:
“Vedere masse di giovanetti, sull’età dai 12 ai 18 anni, tutti sani, robusti, di ingegno svegliato, ma vederli là inoperosi, rosicchiati dagli insetti, stentare di pane spirituale e materiale, fu cosa che mi fece inorridire…. “Chi sa – dicevo tra me – se questi giovani avessero fuori un amico, che si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse nella religione, chi sa che non possano tenersi lontani dalla rovina?” Comunicai questo pensiero a don Cafasso e col suo consiglio mi sono messo a studiare il modo di effettuarlo, abbandonandone i frutti alla grazia del Signore, senza la quale sono vani tutti gli sforzi degli uomini”.
Mi pare ci sia tutto don Bosco: il cuore, l’intelligenza, la fede. Da questa esperienza e da tanti altri incontri con ragazzi ai margini della società nasce l’Oratorio e nascono i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, in un sogno che sempre cresce, si dilata, diventa missione. Non perdendo mai la fiducia che il sogno si realizzi, nonostante le difficoltà, le incomprensioni, le opposizioni, le persecuzioni. Luce, salvezza diceva l’anziano Simeone. Don Bosco usa un altro vocabolario che però porta sempre lì. Egli amava riferirsi al trinomio: Ragione, Religione, Amorevolezza.
Ragione: pensare, conoscere, avere gli occhi aperti sulla realtà : per questo è importante la scuola, la cultura, fino a scrivere testi sulla storia d’Italia e sul sistema metrico decimale!
Religione: credere, mettere al centro Dio, affidarsi a Dio, alla sua Provvidenza; per don Bosco, nella spiritualità del suo tempo l’amore all’Eucaristia (centralità di Cristo), alla Madonna (modello di docilità a Dio), al Papa (sentirsi parte della Chiesa).
Amorevolezza: amare, capacità di servire il prossimo, di donare. Non solo volere bene ma anche fare percepire che si vuole bene.
E noi generiamo speranza? Sappiamo guardare avanti, oltre, sappiamo desiderare con forza, sognare qualcosa di bello per i ragazzi, i giovani, ma anche per ogni aspetto di questo nostro mondo così tormentato e spesso angosciato? Sappiamo coltivare la fiducia?
Ma i tempi di don Bosco non erano migliori dei nostri! Cogliamo dalle feste di questa domenica l’invito a farci operatori di speranza, coraggiosa, paziente e fiduciosa!