Questa domenica si celebra la giornata del Seminario. Occasione di preghiera per le vocazioni alla vita sacerdotale del nostro territorio e di conoscenza dei seminaristi. Attualmente fanno parte del Seminario interdiocesano:

  • Alessandro Daniele (23 anni, diocesi di Cuneo-Fossano al 4° anno),
  • Gianmichele De Conno (29 anni, diocesi di Cuneo-Fossano al 1° anno),
  • Kevin Melis (27 anni, diocesi di Cuneo-Fossano al 2° anno),
  • Nicolò Bellino (24 anni, diocesi di Mondovì, al 5° anno),
  • Alessandro Testa (22 anni, diocesi di Saluzzo al 2° anno).

Ecco alcune domande alle quali i seminaristi hanno dato risposta. Buona lettura!

Cosa significa per te essere in seminario?

Nicolò: Il seminario è la possibilità di un tempo e uno spazio in cui prepararmi ad essere un domani prete. È un tempo intessuto dalle relazioni fraterne: la vita comunitaria ci permette di crescere e maturare, se lo si vuole, per essere prima di tutto uomini autentici e per essere domani pastori che sappiano incontrare tutti lì dove vivono.

Alessandro D.: Il tempo del seminario serve per approfondire il proprio rapporto con il Signore, vivendo all’interno di una comunità con cui si condivide la crescita intellettuale ed umana per prepararsi a servire la propria diocesi come ministro ordinato.

Kevin: Il seminario è tempo di formazione, per giungere a mete più alte, come lo sono tutti i tempi di preparazione; per me esser in seminario è camminare con gioia verso qualcosa di più grande, il ministero ordinato. Alle cose grandi si arriva con impegno, tenacia, e voglia di mettersi in gioco.

Alessandro T.: Per me essere in Seminario significa vivere un percorso di formazione e di vita comunitaria insieme ad altri giovani che come me cercano, ogni giorno, di trovare la loro strada nel servizio a Dio e alla Chiesa.

Gianmichele: Dal momento che in me la ricerca della Verità esige le forze di tutta l’anima, essere in seminario significa dedicarmi completamente alla ricerca della Verità con tutte le mie forze, così da realizzare me stesso nei limiti delle mie qualità.

Cosa ti ha portato a decidere di entrare in seminario?

Nicolò: Mi ha spinto ad entrare in seminario vedere che la vita del prete è qualcosa di possibile e di bello. Ho visto preti contenti di esserlo e comunità vivaci. Questo mi ha testimoniato che servire il Signore nella chiesa era ciò che faceva per me.

Alessandro D.: Sono state decisive per il mio ingresso in seminario le testimonianze buone di preti che hanno abitato e servito la mia parrocchia di San Dalmazzo, frequentando la bella comunità che lì vive. Hanno avuto una loro importanza l’essere stato chierichetto e alcune esperienze fatte in Seminario a Cuneo negli anni della scuola superiore.

Kevin: La figura del prete è stata protagonista nella mia vita fin da bambino, prima nella mia parrocchia del Sacro Cuore in Cuneo, e poi crescendo, in Cattedrale, nei nostri santuari, nell’ufficio missionario, nella biblioteca diocesana. Qui ho incontrato dei bravi don che mi hanno trasmesso la bellezza dell’essere ministri del Signore tra la nostra gente e per la nostra gente. Oggi sono qui, in cammino, grazie al loro esempio.

Alessandro T.: Mi ha portato a decidere di entrare in seminario l’opportunità di condividere la vita della Parrocchia e dell’Oratorio di Saluzzo con sacerdoti, religiose e laici che mi hanno fatto scoprire la bellezza di essere cristiano. Interrogandomi su quale fosse la strada giusta da seguire e sentendomi chiamato al ministero ordinato, ho deciso di entrare in Seminario.

Gianmichele: Ciò che mi ha portato in seminario è stata la ricerca della Verità, nella quale credo e alla quale non mi è possibile voltare le spalle una volta trovata.

Guardando al ministero ordinato cosa ti affascina e cosa ti preoccupa?

Nicolò: Se guardo a questi anni di seminario mi accorgo che l’entusiasmo con cui ho iniziato si è via via modificato, così come l’immagine che avevo del prete. Ciò che mi sprona a proseguire è la consapevolezza che il prete può incontrare le storie di molti e aiutarli a incontrare il Signore annunciando la Parola e celebrando i sacramenti, primo compito di ogni presbitero. L’entusiasmo ha lasciato il posto ad una maggiore consapevolezza, seppur gioiosa, che la chiesa sta cambiando come anche il ministero ordinato. Mi preoccupa l’indifferenza che spesso avvolge le proposte; mi preoccupa ancor di più la divisione e l’invidia che spesso c’è nel mondo ecclesiale e nel presbiterio.

Alessandro D.: Vivere in questo tempo inedito della realtà ecclesiale può essere occasione di scoraggiamento e paura o possibilità di una rinnovata adesione alla Buona Notizia del Signore che non ci abbandona. Al contempo preoccupa ed affascina, ma bisogna avere fiducia ed impegnarsi al meglio in quello che si fa, sapendo che “è Lui che dà il raccolto”, come afferma San Paolo.

Kevin: Mi ha sempre colpito la quantità di relazioni che il prete intesse e anche la varietà di situazioni che gli si presentano dinanzi… una vita molto varia, dove l’agenda ha sì un ruolo, ma alla fine ogni giornata è diversa ed ha un buon carico di sorpresa. Tutto si affronta con la preghiera, senza mai dimenticare che la vigna è la Sua e che si lavora per Lui e mai per se stessi! Mi preoccupa il moltiplicarsi di incombenze amministrative: c’è il rischio che tante istituzioni, storicamente nate per consolidare una presenza capillare, oggi si rivelino fardelli che soffocano il prete e le comunità.

Alessandro T.: Mi affascina la possibilità di una vita interamente dedicata al Signore e alla Chiesa, e così “camminare” con tante persone per poter condividere la vita con loro. Mi preoccupa vivere in un tempo di grandi cambiamenti, dentro e fuori la Chiesa, e di non riuscire, un domani, a cogliere il positivo e le opportunità in tutto questo.

Gianmichele: Ciò che mi affascina del ministero ordinato sono la bellezza e il mistero dei sacramenti, per vivere una vita nel servizio di Dio e nel desiderio di tendere ad una comunione sempre più profonda con Lui e con le persone. Mi preoccupano le paure e le debolezze umane, causa primaria di quasi tutti i nostri mali, che necessitano di una cura costante per evitare che ci conducano ad una chiusura orgogliosa nel sé.

Secondo la tua esperienza che cosa la Chiesa può offrire ai tuoi coetanei?

Nicolò: La chiesa, come comunità, può essere un luogo dove realizzarsi pienamente. Nella comunità c’è posto per tutti e tutti possono contribuire con le loro capacità, non solo nel fare cose concrete, ma anche con l’esempio di una vita che sa affidarsi al Signore, qualunque sia il proprio lavoro. La chiesa deve avere il coraggio di intercettare il nostro vissuto di giovani, continuando a proporre i valori alti del Vangelo, ma con l’umiltà di incontrare, ascoltare e condividere ciò che i giovani hanno da dire. Così si potrà continuare ad annunciare che la Buona Notizia dà senso alle nostre vite, alle vite di tutti.

Alessandro D.: Per rispondere a questa domanda penso alle tante nostre belle realtà che rendono possibili spazi di relazione e di amicizia autentica aperti al Signore nelle nostre comunità. Come Chiesa si può offrire una testimonianza semplice di una vita vissuta a servizio del Vangelo.

Kevin: Gran parte dei giovani frequenta le iniziative pastorali per una dinamica di gruppo più che per convinzione; è stato così anche per me dopo la Cresima. Alla mia età (27 anni) chi frequenta è convinto; ho notato che in città tutto è più difficile, nei paesi è più semplice mantenere i legami, per via dei rapporti più forti tra dimensione civile ed ecclesiale. La prima cosa è mostrarsi coerenti con i valori della fede, preti e laici, pronti all’incontro, cercando di annunciare più attraverso i gesti che con le parole, senza isolarsi dalla realtà. La chiesa altro non ha da offrire che l’esempio di Gesù Cristo,

Alessandro T.: La Chiesa, nelle parrocchie, negli oratori e nelle associazioni, può offrire ai miei coetanei l’esperienza di una comunità in cui crescere e sentirsi accolti e desiderati. Le persone, che danno vita alle nostre comunità, ci aiutano a comprendere chi siamo, cosa cerchiamo nella vita, facendoci conoscere Dio e aiutandoci a capire che la sua presenza interpella e guida la nostra vita. Così, oltre ad essere brave persone saremo anche buoni cristiani.

Gianmichele: La Chiesa oltre ad essere il luogo della trasmissione della fede è il luogo dove è possibile ricostruire le fondamenta di una vera comunità basata sui valori cristiani. Oggi siamo immersi nelle macerie della società nichilista ed edonista, che dà segni di disfacimento. La chiesa deve interagire con i giovani educando alla speranza, alla nobiltà d’animo e ad una presenza più consapevole dinanzi al mistero della vita.

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